24 luglio 2014
Per uno sport sano, prima delle gambe vanno allenate le idee
Sentite questa. Simone fa il portiere dell'Udinese. Ha 18 anni e sogna di giocare in serie A. Gli capita l'occasione della vita: lo vuole l'Atletico Madrid. Uno normale ci andrebbe anche a piedi, Simone invece ne parla con i genitori, con la fidanzatina, con gli amici di scuola e - tra l'incredulità generale - risponde :"No, grazie, devo finire la scuola e poi qui a Udine ho vicino la famiglia e gli amici".
Sentite questa. Simone fa il portiere dell'Udinese. Ha 18 anni e sogna di giocare in serie A. Gli capita l'occasione della vita: lo vuole l'Atletico Madrid. Uno normale ci andrebbe anche a piedi, Simone invece ne parla con i genitori, con la fidanzatina, con gli amici di scuola e - tra l'incredulità generale - risponde :"No, grazie, devo finire la scuola e poi qui a Udine ho vicino la famiglia e gli amici".
Ad uno così sarebbe da dare il massimo dei voti in "maturità della vita". Eppure Simone non ha fatto una scelta " eroica". Ha fatto una scelta di buon senso, che dovrebbe fare chiunque abbia la testa sulle spalle. Semplicemente la sua decisione ha preso in contropiede un sistema abituato a ragionare diversamente. Se davanti a tutto metti la fama, i soldi, il businnes, non rinuncerai mai ad andare all'Atletico Madrid. Ma se davanti a tutto metti i tuoi affetti, la tua vita, i tuoi valori restare all'Udinese diventa a 18 anni naturale e normale.
Da tempo diciamo che gli "orfani” di educazione alla vita nel mondo dello sport finiscono per essere quelli bravi, che hanno talento. Se non sei un campione hai la speranza di giocare in qualche squadretta d'oratorio o di periferia e di incontrare allenatori e dirigenti che pensano a te prima che al risultato e alla partita, ed è facile restare ancorato ad una vita reale.
Ma se invece sei davvero bravo? Prima o poi finìsci per giocare in qualche squadra professionistica, dove le logiche sono inevitabilmente diverse. Tra partite, allenamenti, stress da prestazione, concorrenza spietata e famiglia lontana, chi pensa alla tua educazione? Sia chiaro, i settori giovanili di tanti club professionistici fanno miracoli, ma i miracoli non bastano. Servono azioni di sistema capaci di coniugare alta prestazione con alta capacità di vivere i valori della vita.
L'educazione non ha confini geografici ( questa settimana i nostri primi volontari hanno raggiunto Haiti) e nemmeno confini di "categoria". Dobbiamo seminare educazione dappertutto e a ogni livello, se non vogliamo che cresca uno sport malato. Per questo motivo il CSI ha deciso di collaborare con la squadra dei giocatori senza contratto che sarà allenata da Emiliano Mondonico da lunedì prossimo a Monza. Si tratta di ragazzi che hanno preso una mazzata tremenda: sino a qualche mese fa giocavano chi in Lega pro, chi in serie B, chi addirittura in serie A. Poi, dalla sera alla mattina, si sono ritrovati "a casa" non voluti da nessuno. Ecco allora la possibilità di allenarsi nella speranza di trovare una squadra nelle prossime settimane. Ma a mister Mondonico questo traguardo non bastava: "Voglio aiutarli in un momento difficile della loro vita e non solo sul campo, per questo voglio che il CSI viva con me questa avventura”.
Ecco allora che la mattina ci sarà una mezz'oretta per "allenare le idee". Ancora chiusi nello spogliatoio racconteremo storie di umanità di grandi sportivi, incontreremo campioni nella vita, ci inventeremo qualche "allenamento speciale", con questi ragazzi impegnati a servire alla mensa dei poveri oppure a vivere altre esperienze di umanità e solidarietà.
Quella di Simone Scuffet e della squadra allenata da Mondonico sono solo due testimonianze. Ma bastano a dare speranza.
Ad uno così sarebbe da dare il massimo dei voti in "maturità della vita". Eppure Simone non ha fatto una scelta " eroica". Ha fatto una scelta di buon senso, che dovrebbe fare chiunque abbia la testa sulle spalle. Semplicemente la sua decisione ha preso in contropiede un sistema abituato a ragionare diversamente. Se davanti a tutto metti la fama, i soldi, il businnes, non rinuncerai mai ad andare all'Atletico Madrid. Ma se davanti a tutto metti i tuoi affetti, la tua vita, i tuoi valori restare all'Udinese diventa a 18 anni naturale e normale.
Da tempo diciamo che gli "orfani” di educazione alla vita nel mondo dello sport finiscono per essere quelli bravi, che hanno talento. Se non sei un campione hai la speranza di giocare in qualche squadretta d'oratorio o di periferia e di incontrare allenatori e dirigenti che pensano a te prima che al risultato e alla partita, ed è facile restare ancorato ad una vita reale.
Ma se invece sei davvero bravo? Prima o poi finìsci per giocare in qualche squadra professionistica, dove le logiche sono inevitabilmente diverse. Tra partite, allenamenti, stress da prestazione, concorrenza spietata e famiglia lontana, chi pensa alla tua educazione? Sia chiaro, i settori giovanili di tanti club professionistici fanno miracoli, ma i miracoli non bastano. Servono azioni di sistema capaci di coniugare alta prestazione con alta capacità di vivere i valori della vita.
L'educazione non ha confini geografici ( questa settimana i nostri primi volontari hanno raggiunto Haiti) e nemmeno confini di "categoria". Dobbiamo seminare educazione dappertutto e a ogni livello, se non vogliamo che cresca uno sport malato. Per questo motivo il CSI ha deciso di collaborare con la squadra dei giocatori senza contratto che sarà allenata da Emiliano Mondonico da lunedì prossimo a Monza. Si tratta di ragazzi che hanno preso una mazzata tremenda: sino a qualche mese fa giocavano chi in Lega pro, chi in serie B, chi addirittura in serie A. Poi, dalla sera alla mattina, si sono ritrovati "a casa" non voluti da nessuno. Ecco allora la possibilità di allenarsi nella speranza di trovare una squadra nelle prossime settimane. Ma a mister Mondonico questo traguardo non bastava: "Voglio aiutarli in un momento difficile della loro vita e non solo sul campo, per questo voglio che il CSI viva con me questa avventura”.
Ecco allora che la mattina ci sarà una mezz'oretta per "allenare le idee". Ancora chiusi nello spogliatoio racconteremo storie di umanità di grandi sportivi, incontreremo campioni nella vita, ci inventeremo qualche "allenamento speciale", con questi ragazzi impegnati a servire alla mensa dei poveri oppure a vivere altre esperienze di umanità e solidarietà.
Quella di Simone Scuffet e della squadra allenata da Mondonico sono solo due testimonianze. Ma bastano a dare speranza.